“Who cares?” “A chi importa?”. È questa la domanda, fra il retorico e il pessimista, che a volte ci viene da pronunciare, specialmente nei momenti di maggiore sconforto… Magari quando le cose non vanno come vorremmo, quando vediamo una società sempre più individualista, le notizie sempre allegre del telegiornale…
“Who cares” dell’educazione dei nostri giovani, di trovare un senso alla vita, di imparare ad amare… a chi importa di Dio?
La risposta è semplice: “Sesto CaRes” “A Sesto importa”! E a noi importa, ci interessa, proprio perché c’è qualcuno per il quale noi per primi siamo diventati importanti, interessanti: Allora Gesù chiamò a sé i suoi discepoli e disse: «Sento compassione per la folla. Ormai da tre giorni stanno con me e non hanno da mangiare» (Mt 15,32).
È questa compassione, questo Amore percepito nelle nostre comunità che ci spinge a dire, anche solo inizialmente con uno slogan, che a noi importa dell’educazione dei ragazzi dei nostri quartieri, a noi importa di Dio, a noi importa di imparare ad amare, a noi importa degli oratori di CAscina e di RESurrezione! No, non è un errore di stampa: “CaRes” in inglese significa “prendersi cura” “avere compassione”, in dialetto milanese significa "carezza", ma è anche l’unione dei nomi con cui chiamiamo i nostri oratori: “Ci troviamo a CAscina!”, “Andiamo a RESurrezione!”… è così è nata l’Unità di Pastorale Giovanile dei nostri oratori: Who cares? Sesto CaRes!
Vedendo le folle, ne sentì compassione,
perché erano stanche e sfinite
come pecore che non hanno pastore
(Mt 9,36)
È sempre questa compassione di Gesù il tema del logo scelto per l’unione di Pastorale Giovanile: una coppia di mani le cui linee del palmo diventano la sagoma delle chiese di Cascina e di Resurrezione. Questa tenerezza la riteniamo la cosa più preziosa che abbiamo ricevuto, ed è anche la cosa più preziosa che vogliamo trasmettere ai nostri ragazzi. È questa vita nuova che nasce dall’incontro con il Signore, ciò che può rendere vivo il nostro oratorio. Ma come è, com’è fatta questa vita “nuova”?
Erano perseveranti nell’insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere. Un senso di timore era in tutti, e prodigi e segni avvenivano per opera degli apostoli. Tutti i credenti stavano insieme e avevano ogni cosa in comune; vendevano le loro proprietà e sostanze e le dividevano con tutti, secondo il bisogno di ciascuno. Ogni giorno erano perseveranti insieme nel tempio e, spezzando il pane nelle case, prendevano cibo con letizia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo il favore di tutto il popolo. Intanto il Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati. (At 4,32)
Così viene descritta la vita dei primi cristiani negli Atti degli apostoli. È sicuramente una visione un po’ ideale della vita cristiana, che forse può farci sorridere per il suo essere un po’ naif (un sogno irrealizzabile…). Ma questa è la sfida che Gesù ci ha lasciato, il comando che ci ha dato: per meno di questo, non vale la pena di “fare l’oratorio”.